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Il nome deriva, secondo alcuni, dal termine greco leukos (bianco, candido), oppure dai termini latino locus (luogo), lucus (bosco) o lacus (lago). E’ probabile che la derivazione più attendibile del toponimo sia da lucus, ossia bosco, in quanto anticamente il territorio comunale era molto boscoso.
Territorio anticamente votato alla pastorizia, vide l’arrivo dei liguri, popolazione probabilmente giunta in zona dalla Spagna. Si stabilirono in Piemonte e si divisero in varie tribù, tra cui i bagienni o vagienni: questi ultimi furono i primi abitanti di Lequio Tanaro. La storia del paese è sempre rimasta strettamente legata a quella della vicina e potente Bene Vagienna, l’antica Augusta Bagiennorum che, in epoca romana fu il principale centro dei liguri vagienni. Il ritrovamento sul territorio comunale di lapidi e tombe, testimonia l’origine romana del paese. Per molto tempo Lequio Tanaro rappresentò la zona residenziale di Augusta Bagiennorum. Qui sorgevano le ville dei Bagienni, che questi raggiungevano seguendo una strada che dalla Roncaglia scendeva in basso verso il torrente Mondalavia e quindi, risalendo Tiracullo, saliva verso la pianura nei pressi della cascina Stroppo per poi proseguire su Lequio toccando la Maccagnotta.
Durante le invasioni barbariche, è probabile che nella regione Sarmassa (nella bassa di Costamagna tra la Cascina Pertusata ed il Rio Cavetto) avessero trovato rifugio una colonia di Sarmati, provenienti dalla Russia e fuggiti da Pollenzo a seguito della venuta di Alarico. Con la costituzione dei distretti in epoca post-carolingia il territorio di Lequio fece parte del Comitato di Bredulo, ma dipendeva ecclesiasticamente dal vescovo di Asti. Il primo documento in cui si parla di Lequio Tanaro è il diploma del 18 giugno 901, con il quale l’imperatore Ludovico III concede a Eilulfo, vescovo di Asti, “l’imperial corte di Bene avendo per misura 100.000 jugeri, con castello circondato da mura e acquedotto e con tutte le terre e le ville che sono nel circuito di Santa Maria di Lequio…” Dunque esistevano sia una chiesa che un castello, appartenuto dapprima ai principi d’Acaja e poi al vescovo di Mondovì, di cui ora non sono rimaste tracce.
Continuò a seguire dal punto di vista politico-amministrativo le vicende di Bene Vagienna, che dapprima diventò autonomo dal Vescovo di Asti (1293), poi passò ai Savoia (1987) che lo infeudarono ai nobili Costa di Chieri, che manterranno la signoria fino al 1561 quando Emanuele Filiberto ne rientrò in possesso. Ma anche sotto l’aspetto ecclesiastico: così poco dopo la nascita della Diocesi di Mondovì, Bene e Lequio vi entrarono (1436).
Nel corso del XVII secolo Lequio però acquisì una certa importanza e ottenne il riconoscimento della costituzione in comune autonomo col nome di Lequio Piemonte grazie al decreto di Vittorio Amedeo II del 1° luglio 1692. Il nome venne poi cambiato in Lequio Tanaro per non confonderlo con Lequio Berria. Il comune acquisì il titolo di contea e vi venne infeudata la famiglia Salmatoris, che ne mantenne il titolo fino al 1814.
All’inizio del secolo, Lequio aveva già più di 1.500 abitanti, ridottisi poi a causa delo spopolamento delle campagne. Nel 1928 Lequio fu accorpata a Bene Vagienna, salvo ritornare comune autonomo nell’immediato dopoguerra (1947).
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